I timori per una possibile recessione hanno mantenuto elevata la pressione sui prezzi del petrolio che hanno terminato la passata ottava in calo al livello più basso da febbraio nonostante un recupero indotto dai dati sul mercato del lavoro rivelatisi migliori delle attese; a pesare sono i timori relativi alla domanda di carburanti che potrebbe risultare gravemente attinta da una possibile fase recessiva.
Come si evince dal grafico a seguire il petrolio Brent ha terminato la sessione di venerdì in lieve rialzo a ridosso dei 95 dollari per barile, in crescita dei minimi intraday, ma comunque in calo dell’11% rispetto a venerdì 29 luglio 2022.
I Non Farm Payrolls mostrano che l’occupazione USA è migliorata notevolmente - ed in modo inatteso - con una crescita pari a ben 528000 posti di lavoro, il più grande aumento da febbraio ad oggi, stando allo U.S. Labor Department, un contesto positivo sottolineato anche da Bob Yawger (responsabile futures settore Energy presso Mizuho) che commenta: “Si tratta di dati economici forti che supportano il mercato petrolifero”.
I traders operativi nel settore petrolifero sono preoccupati per l'inflazione, la crescita economica e la domanda, ma i segnali di scarsa offerta hanno contribuito ad evitare, almeno sino ad ora, eccessivi crolli delle quotazioni.
Il numero di piattaforme petrolifere, un primo indicatore della produzione futura, è sceso di sette unità ad un totale di 598, nella settimana terminata il 5 agosto, registrando il primo calo in 10 settimane.
Le preoccupazioni per la recessione si sono intensificate da quando la Banca d'Inghilterra ha avvertito, giovedì, di una prolungata flessione dopo aver aumentato i tassi di interesse al massimo dal 1995: “Chiaramente, tutti stanno prendendo molto più sul serio la minaccia della recessione poiché stiamo ancora assistendo a un mercato molto ristretto con una scarsa capacità di azione da parte dei produttori” (Craig Erlam, analista di mercato senior presso Oanda).
La OPEC+ ha deciso di aumentare il target di produzione di 100000 barili giornalieri nel mese di settembre, ma si tratta di un incremento contenuto e di scarso impatto sul mercato.
L’offerta ristretta potrebbe rivelare tutto il suo peso con l’avvicinarsi dell’inverno, con le sanzioni dell'Unione Europea che vietano le importazioni marittime di greggio e prodotti petroliferi russi che entreranno in vigore il 5 dicembre: “Con l'arresto delle importazioni russe via mare dall’UE ci troveremo di fronte ad una questione di grande importanza, ovvero vedremo se i produttori mediorientali reindirizzeranno i loro barili in Europa per colmare la carenza - spiega Michael Tran, analista presso RBC - la questione delle sanzioni alla Russia sarà un elemento importantissimo da monitorare per il resto dell’anno”.
Fonte Reuters