Come ben sappiamo il meeting OPEC+ del 4 gennaio - esteso al 5 - si è rivelato decisamente teso: alcuni produttori, come la Russia, volevano aumentare la produzione di greggio di febbraio per 500000 barili giornalieri, mentre la maggior parte dei rimanenti membri OPEC+ desideravano evitare qualsiasi intervento a causa del protrarsi della pandemia di coronavirus.
I sauditi si sono sin da subito mostrati preoccupati, ed il ministro dell’energia del Regno, il principe Abdulaziz bin Salman, ha messo in guardia i partecipanti al meeting da potenziali benefici immediati, ma illusori, derivanti da un aumento della produzione di petrolio, un aumento che avrebbe condotto al vanificare tutti i sacrifici fatti sino ad ora; il principe ha addirittura suggerito di annullare l’aumento della produzione di 500000 barili giornalieri implementato a partire dal mese di gennaio 2021…

In questo contesto, tuttavia, l’Arabia Saudita ha clamorosamente rinunciato al principio di unanimità nelle decisioni del gruppo misto e tutti hanno più o meno ottenuto quanto desideravano: Russia e Kazakistan potranno aumentare, seppur di poco, la produzione di oro nero, la maggior parte dei membri non apporterà nessuna modifica alla strategia produttiva e l’Arabia Saudita abbatterà la produzione di 1 milione di barili giornalieri ad un totale di 8,12 milioni di barili giornalieri nei mesi di febbraio e marzo.
Il ministro saudita è sembrato particolarmente soddisfatto non solo per la decisione finale, ma anche per il fatto di essere riuscito a celare sino all’ultimo le sue intenzioni.
Solamente il ministro russo Alexander Novak pareva godere della fiducia necessaria per essere informato in anticipo di quella che sarebbe stata la decisione finale del principe saudita, ma il russo ha caldamente invitato la sua controparte a non entrare in azione, in fin dei conti una mossa del genere avrebbe contribuito ad aumentare i prezzi favorendo la concorrenza, soprattutto quella statunitense, con la possibile perdita di quote di mercato.
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