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Petrolio, i prezzi crollano: price cap ai barili russi e produzione di benzina USA scatenano gli orsi



La Redazione Articolo pubblicato il 24/11/2022 09:00:00
La situazione risulta ulteriormente aggravata dalla situazione in Cina, dove l’aumento dei casi di covid 19 si è tradotto in nuove restrizioni in grado di limitare la domanda del maggior importatore di petrolio su base globale

 

Nella sessione di ieri i prezzi del petrolio sono diminuiti di oltre il 3,5%, con le quotazioni del WTI (piazza di New York) che terminano gli scambi a quota 77,94 dollari per barile: a scatenare i venditori i membri del G7 che, stando alle news in arrivo a mercato, hanno chiesto l’applicazione di un price cap sul petrolio russo superiore ai livelli attuali; di rilievo anche i dati sulle scorte di benzina degli Stati Uniti, aumentate ben oltre le attese di mercato.

Le scorte di benzina statunitensi sono aumentate di 3,1 milioni di barili, secondo l'Energy Information Administration, superando di gran lunga i 383000 barili previsti dagli analisti: “L’aumento delle scorte di benzina è stato una specie di shock - afferma Phil Flynn, analista presso Price Futures - l’aumento delle forniture di benzina suggerisce che forse stiamo assistendo a un indebolimento della domanda…”.

Le dichiarazioni rilasciate dalla EIA hanno sempre una grande influenza sui prezzi del petrolio sulla piazza globale e possono generare intense oscillazioni di prezzo che sfruttando le strategie in opzioni si possono tradurre in vere e proprie occasioni di guadagno, esattamente come ci spiega Giancarlo nei suoi corsi: clicca su questo link per scaricare il materiale gratuito.

Le quotazioni del petrolio, inoltre, sono state messe sotto pressione anche dalle news in arrivo a mercato in merito ad un price cap sul greggio russo da parte dei paesi G7 a livelli superiori rispetto a quelli a cui scambia il petrolio attualmente: tale prezzo, secondo alcune indiscrezioni, oscillerebbe in un range compreso tra i 65 ed i 70 dollari per barile a fronte di una quotazione del greggio degli Urali che, on questi giorni, passa di mano tra 62 e 63 dollari per barile (67 - 68 dollari per barile nell’area del Mediterraneo).

Poiché i costi di produzione sono stimati intorno ai 20 dollari al barile, il limite renderebbe comunque redditizio per la Russia vendere il proprio petrolio e in questo modo eviterebbe una carenza di approvvigionamento sul mercato globale; un alto funzionario del Tesoro degli Stati Uniti ha dichiarato martedì che il limite di prezzo verrà probabilmente modificato alcune volte all’anno.

La situazione risulta ulteriormente aggravata dalla situazione in Cina, dove l’aumento dei casi di covid 19 si è tradotto in nuove restrizioni in grado di limitare la domanda del maggior importatore di petrolio su base globale.

Grafico Petrolio WTI by Tradingview

Ulteriore pressione è venuta dalle prospettive economiche dell'OCSE che prevedono una decelerazione dell'espansione economica globale il prossimo anno.

A determinare un certo supporto ai prezzi dell’oro nero il fatto che la stessa OCSE non preveda una vera e propria recessione globale e la lettura delle minutes della Fed dove si evince che alcuni funzionari del FOMC ritengono opportuno rallentare il ritmo degli aumenti dei tassi di interessi.

 

Fonte Reuters

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