Ormai da giorni i prezzi del petrolio presentano una particolare debolezza e la situazione delle banche europee e della riserva statunitense contribuiscono ad esacerbare la pressione a cui sono sottoposte le quotazioni del barile, con il Brent che, attualmente, scambia a ridosso dei 78 dollari per barile (dati aggiornati al 24 marzo 2023).
Analizzando la situazione delle banche europee, il maggior impatto sul prezzo del petrolio è stato determinato dal calo delle quotazioni azionarie dei principali istituti di credito UE; colossi come Bank e UBS Group sono stati anch’essi attinti dalla tornata di vendite, con gli investitori intimoriti dal possibile protrarsi nel tempo di quello che pare essere il peggior periodo di crisi dal 2008 ad oggi: “Stiamo affrontando problemi macroeconomici – spiega John Kilduff, partner di Again Capital – e c’è una nuova correlazione con il mercato azionario”. Alle parole di Kilduff fanno eco le dichiarazioni di Janet Yellen (segretario del Tesoro degli Stati Uniti) che ha indetto una riunione non programmata del Financial Stability Oversight Council.

Sul fronte della riserva di greggio statunitense di estremo rilievo sono le parole di Jennifer Granholm, segretario per l’energia USA, che afferma che potrebbero essere necessari anni per arrivare ad un completo ripristino della SPR statunitense (Strategic Petroleum Reserve), un elemento, questo, che pone ulteriori dubbi sul recupero della domanda di oro nero.
Nel mese di ottobre 2022 la Casa Bianca ha dichiarato che avrebbe riacquistato petrolio da destinarsi alla SPR solamente nel caso in cui i prezzi si attestassero in un range compreso tra 67 – 72 dollari per barile o meno, ma Granholm ha spiegato che nel corso del 2023 sarà molto difficile approfittare dei prezzi contenuti in un contesto che vede le scorte al livello più basso dal 1983, una situazione resa possibile dalle vendite a mercato effettuate dall’amministrazione Biden nel corso del 2022
Le attese di un aumento della domanda dalla Cina sono l’unico elemento che pare sostenere le quotazioni dell’oro nero. A questo proposito Goldman Sachs ha affermato che la domanda di materie prime della Cina è attualmente in crescita, con la richiesta di greggio che ha raggiunto i 16 milioni di barili giornalieri.
Per quanto concerne la Russia, invece, il vice primo ministro russo Alexander Novak ha dichiarato che Mosca avrebbe implementato una taglio alla produzione di 500000 barili giornalieri rispetto ai livelli di febbraio (fonte RIA Novosti), raggiungendo così un output di 9,7 milioni di barili giornalieri tra marzo e giugno: si tratta di una riduzione molto inferiore a quanto dichiarato in precedenza ed anche questo rappresenta un elemento in grado di esercitare pressione sui prezzi del petrolio.