Gli analisti di Goldman Sachs hanno rivisto a rialzo le stime di prezzo relative al Brent nel periodo compreso tra la seconda metà del 2022 e la prima metà del prossimo anno portando le stesse a 135 dollari per barile, ovvero 10 dollari in più rispetto alla stima precedente, con le quotazioni del barile che dovrebbero raggiungere il succitato livello affinché l'offerta si normalizzi entro la fine del 2023.
Il surplus creato dall’intervento della politica globale guidato da un modesto calo delle esportazioni petrolifere russe, grandi rilasci dalle riserve petrolifere strategiche e rigorose restrizioni conseguenti al covid in Cina si sta gradualmente esaurendo con la domanda di Pechino in aumento e la produzione russa in ulteriore contrazione a causa delle sanzioni UE (i leader dell'Unione Europea hanno recentemente concordato un embargo sulle importazioni di greggio russo che entrerà in vigore entro la fine del 2022, con l'obiettivo di fermare il 90% delle importazioni suddette entro la fine dell’anno).

L’istituto di credito indica che la produzione di petrolio della Russia potrebbe attestarsi a 9,8 milioni di barili giornalieri entro la fine dell’anno, in netto calo rispetto ai 10,8 milioni di barili giornalieri prodotti a maggio; sempre la produzione di petrolio di Mosca è attesa in lieve recupero nel 2023 a quota 10 milioni di barili giornalieri.
Il mercato è stato più teso del previsto fino ad aprile poiché l'offerta rimane anelastica al picco dei prezzi, ha affermato la banca di Wall Street: "Dal lato della domanda, l'impulso negativo alla crescita globale rimane insufficiente per riequilibrare le scorte ai prezzi correnti e, di conseguenza, riteniamo che i prezzi del petrolio debbano aumentare ulteriormente per normalizzare i livelli insostenibili a cui si attestano le scorte petroliferi globali… “.
Fonte Reuters