Il quadro risulta pesante in quanto sono le raffinerie a comprare il greggio dai produttori, e non gli automobilisti, e, in quest’ottica, a preoccuparsi maggiormente saranno Russia e Nigeria, ovvero i membri OPEC+ maggiormente esposti al mercato atlantico.
Non dobbiamo quindi sorprenderci se la OPEC+ non dorme sonni tranquilli, e questo si ripercuote sulle quotazioni del petrolio, che hanno lasciato sul parterre buona parte dei guadagni conseguenti alla notizia della scoperta di un vaccino.
Anche se tutti i vaccini in fase di test dovessero essere efficaci al pari di quello di Pfizer, passeranno molti mesi prima che siano iniettati ad un numero di persone tale da alterare significativamente il corso della pandemia, e sino ad allora le restrizioni che abbiamo visto implementare sino ad ora rimangono l’unico mezzo per mantenere il virus sotto controllo, e questo, per i produttori, è un problema.
A rivelarsi un problema, come abbiamo visto in apertura, è anche l’aumento della produzione di paesi come la Libia, che, grazie all’attuale periodo privo di ostilità, ha prodotto petrolio per 1,145 milioni di barili giornalieri contro i 90000 barili giornalieri pompati a settembre.
Sostanzialmente, il meeting di fine mese probabilmente terminerà con un nulla di fatto, in quanto un allentamento dei tagli sembra essere escluso, come escluso pare essere anche un intervento in direzione opposta, ossia un approfondimento dei tagli in oggetto, in quanto prendere in considerazione una simile proposta implicherebbe troppe discussioni in un momento dove la reattività si mostra essenziale.
Concludendo, l’unica opzione papabile è mantenere i tagli attuali, e la domanda è solo una: per quanto tempo? Dare una risposta ora non è affatto semplice, ma quel che è chiaro è che il COVID 19 sta fornendo ai produttori un buon motivo per formare e mantenere un gruppo compatto ed efficiente…
Fonte Bloomberg