Le vicende che hanno coinvolto Credit Suisse hanno innescato una nuova ondata di panico nei mercati mondiali offuscando il possibile sostegno ai prezzi del petrolio derivante dal recupero della richiesta di greggio della Cina. I primi segnali di un ritorno alla calma e alla stabilità sono svaniti dopo che il più grande investitore di Credit Suisse ha dichiarato di non poter fornire alla banca svizzera maggiore assistenza finanziaria, facendo crollare il valore dei titoli della banca nonché quello dei principali titoli azionari europei: “Quello che abbiamo visto è l’allontanarsi dell’attenzione degli investitori verso le scorte di greggio per concentrarsi maggiormente sullo stato dell’economia globale” (Phil Flynn, analista presso Price Futures Group).
Nel momento in cui queste righe sono scritte il prezzo del petrolio Brent si attesta a quota 72,03 dollari per barile in calo del 7%.

Dennis Kissler, vicepresidente senior presso BOK Financial, ha affermato che gli hedge fund liquidano posizioni a causa dell’aumento dei tassi e del sempre più pressante clima di incertezza economica in un contesto dove grava sempre più la pressione presente sulle piazze azionarie; pressione sui prezzi dell’oro nero in aumento anche a causa della rinnovata forza del biglietto verde.
In precedenza le quotazioni del petrolio avevano reagito positivamente alle news relative ad un netto miglioramento dell’economia cinese nei primi due mesi del 2023 dopo l’abbandono della politica zero covid, un elemento che ha distolto parzialmente l’attenzione degli investitori dall’incremento delle scorte USA.
Il rapporto mensile di mercoledì dell'Agenzia internazionale per l'energia ha fornito supporto segnalando un previsto aumento della domanda di petrolio dalla Cina, un giorno dopo che l'OPEC ha aumentato le sue previsioni sulla domanda cinese per il 2023.
Fonte Reuters