Scorte in calo e politica macroeconomica cinese: questi gli elementi che hanno spinto il petrolio, nella sessione di ieri, ai livelli più elevati degli ultimi tre mesi, con il Brent che ha terminato le contrattazioni a ridosso degli 83,2 dollari per barile.
Si tratta del quarto incremento settimanale continuo, un balzo in avanti supportato dalla contrazione produttiva implementata dalla OPEC+: “Il mercato sta diventando sempre più preoccupato per la tendenza al restringimento delle forniture di petrolio - spiega Phil Flynn, analista presso Price Futures Group - e, inoltre, sta diventando sempre più ovvio che l’atteso calo della domanda non si sta verificando”.

In Cina, il secondo maggiore consumatore mondiale di petrolio, i leader si sono impegnati a intensificare il sostegno della politica economica, tuttavia, alcuni dati economici hanno limitato i guadagni. Nella zona euro, l'attività economica si è ridotta più del previsto a luglio, ha mostrato un sondaggio e, negli USA, l'attività commerciale è rallentata al minimo di cinque mesi a luglio, ha mostrato un sondaggio attentamente monitorato, ma il calo dei prezzi dei fattori di produzione e il rallentamento delle assunzioni indicano che la Federal Reserve potrebbe compiere progressi nel tentativo di ridurre l'inflazione. Questa settimana i mercati hanno anticipato aumenti dei tassi di 25 punti base sia da parte della Fed che della Banca centrale europea.
Fonte Reuters