A pochi giorni dal meeting dove verrà deciso se protrarre, o meno, i tagli alla produzione attualmente in essere, l’Iraq ha lanciato quella che potremmo definire una vera e propria invettiva contro la OPEC.
Secondo il ministro delle finanze iracheno Ali Allawi (nell’immagine a seguire), il Cartello dovrebbe tenere in considerazione le condizioni politiche ed economiche degli stati membri, nel momento di decidere la strategia produttiva, e non adottare provvedimenti univoci per tutti i produttori.

“Abbiamo raggiunto il limite di sopportazione, ed al limite è la nostra capacità e volontà di accettare una politica comune: la strategia deve essere più variegata, correlata al reddito pro capite delle popolazioni interessate, deve essere legata alla presenza di fondi sovrani, e noi stiamo iniziando ad articolare una posizione di questo tipo” (A. Allawi).
L’economia irachena
Ali Allawi ha affermato di non parlare a nome del ministro del petrolio, l’unico autorizzato a prendere decisioni in merito alle questioni OPEC, ma i suoi commenti sono la chiara evidenza del protrarsi delle ben note spaccature interne al Cartello, ed un altro esempio sono gli Emirati Arabi Uniti, che starebbero, almeno stando alle indiscrezioni giunte ai media, valutando la convenienza dell’appartenere alla OPEC.
La OPEC può davvero crollare? La sfida degli Emirati
L'Iraq, il più grande produttore del gruppo dopo l'Arabia Saudita, sta vacillando per il crollo dei prezzi del petrolio provocato dal coronavirus, e, sebbene tutti i membri abbiano sofferto, la posizione dell'Iraq è la peggiore, con il governo che lotta per pagare insegnanti e dipendenti pubblici mentre le piazze sempre più frequentemente sono teatro di manifestazioni di massa.
Continua nella pagina successiva