Nel corso della sessione di ieri il prezzo del petrolio è aumentato sino a raggiungere il livello più elevato in dieci mesi sostenuto dalla debolezza del dollaro, un contesto valutario che aumenta l’appeal dell’oro nero in un mercato che guarda con timore ad un possibile inasprimento dell’offerta globale. A New York il WTI ha superato i 53 dollari per barile (vedi grafico a seguire) e l’intero comparto ha ricevuto il sostegno dell’Arabia Saudita che, come abbiamo visto nei passati articoli, ha implementato un taglio unilaterale della produzione di 1 milione di barili giornalieri.

“È un trend rialzista dinamico ed il mercato continua a scontare scorte in forte calo a causa dell’intervento dei sauditi - spiega Andrew Lebow, senior partner di Commodity Research Group - ma, ad un certo punto, quando si verificano questi movimenti rialzisti il mercato tende a superare il punto ove si trova un prezzo di equilibrio”.
Il prezzo del petrolio è esploso dopo che la OPEC+ ha deciso di continuare a frenare la produzione di greggio dopo un rally al termine del 2020 avvenuto in concomitanza con il lancio dei vaccini contro il covid 19, tuttavia anche in queste condizioni è presto per parlare di una normalizzazione della domanda, in virtù del fatto che la distribuzione dei succitati vaccini necessiterà di tempo.
Stando alla società di consulenza FGE probabilmente il consumo di greggio ristagnerà sino al mese di maggio e, se si desidera un ritorno alla normalità entro il 2021, sarà necessario aumentare sia la produzione dei vaccini che il tasso di vaccinazione; poco ottimista anche la US Energy Information Administration, i cui tecnici affermano che la domanda di benzina è ben lontana dal tornare ai livelli pre pandemici.
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