Gli investitori hanno ridotto l’esposizione long sul petrolio limitando così l’impatto dei recenti tagli alla produzione attuati da Arabia Saudita ed altri membri OPEC+; scendendo maggiormente nel dettaglio, i dati disponibili indicano che hedge fund ed altri gestori hanno venduto l'equivalente di 145 milioni di barili nei sei più importanti contratti future e opzioni nella settimana terminata il 2 maggio per un totale di 232 milioni di barili nel corso delle ultime due settimane count ritmo che si propone come il più elevato dallo scoppio della crisi bancaria statunitense a marzo e prima dell'imminente arrivo della pandemia nel febbraio 2020.
Sostanzialmente, la situazione degli investitori è tornata ad essere quella del 21 marzo, prima che la OPEC+ sorprendesse i mercati con l’annuncio di tagli alla produzione superiori al milione di barili giornalieri e lo stesso vale per il Brent, che scambia a ridosso dei 75 dollari dopo aver registrato un massimo ad oltre 87 dollari per barile a metà aprile.

Gran parte di questa nuova ondata ribassista è derivata dalle preoccupazioni per il deterioramento delle prospettive dell'economia globale e del consumo di petrolio nel resto del 2023, in un contesto in cui i gestori sono da tempo particolarmente ribassisti sui distillati medi come diesel e gasolio, i più esposti al ciclo economico.
In difficoltà anche le quotazioni del gas naturale statunitense, dove il rialzo è stato minato da temperature miti e scorte che rimangono elevate nonostante il riavvio del terminal di esportazione di Freeport LNG.
Fonte Reuters