Tradizionalmente la sessione che segue il Giorno del Ringraziamento, negli Stati Uniti, è molto instabile, in fin dei conti la scarsa presenza di operatori si traduce in una forte volatilità nelle piazza finanziarie, ma praticamente non si è mai verificata una situazione come quella di quest’anno, con la variante Omicron del coronavirus che è stata in grado di trasformare una tutto sommato banale tornata di vendite in un vero e proprio crash che ha visto il petrolio WTI (piazza di New York) terminare gli scambi in calo di oltre il 13% a 68,15 dollari per barile.
L’economia mondiale era in un percorso di recupero dal disastro causato dal covid 19, la percorrenza dei mezzi di trasporto era in forte aumento: questi ed altri elementi hanno indotto gli analisti a parlare di una domanda di petrolio globale vicina ai livelli precedenti la pandemia a circa 100 milioni di barili giornalieri e questo, insieme ad una OPEC+ in grado di mantenere il controllo del mercato, lasciava intravedere un prezzo del petrolio di 100 dollari per barile “a portata di mano”, ma la comparsa di Omicron ha scombinato la carte in tavola: “È stata una giornata pazzesca, nei mercati, che ricorda molto quanto accadde lo scorso marzo”, così commenta la sessione di venerdì 26 novembre 2021 Craig Erlam, analista di mercato senior presso Oanda Europe.
I timori di nuovi lockdown hanno dato il via alle vendite esacerbate, successivamente, dalla scarsa partecipazione al mercato e da altri elementi tecnici: “Fattori come la rottura dei livelli di supporto tecnico e un ambiente con liquidità inferiore dopo la festa del Ringraziamento hanno intensificato il calo dei prezzi” (Giovanni Staunovo, analista presso UBS Group).
La passata settimana si era già mostrata insolita: alcuni grandi consumatori invocavano un rilascio congiunto di parte delle SPR al fine di raffreddare il mercato e la OPEC+ rispondeva a tale richiesta minacciando di annullare gli aumenti produttivi in corso: tutto questo aveva offerto un parziale sostegno alle quotazioni del barile, ma Omicron non era ancora nel mirino dei mercati.
La sessione mattutina di Asia ed Europa era già all’insegna del forte ribasso, ma il crollo si è verificato con l’apertura della piazza USA quando, a causa della violazione di importanti livelli tecnici, si sono attivate le negoziazioni algoritmiche in un momento contraddistinto dall’assenza di numerosi operatori e, subito dopo, è toccato al mercato delle opzioni dare il colpo di grazia al prezzo dell’oro nero (quando i prezzi scendono pesantemente, le banche spesso vendono contratti futures per proteggersi dalle perdite derivanti dalle opzioni put. Le banche spesso vendono put ai produttori che vogliono proteggersi da un mercato ribassista; questo “ciclo”, noto come gamma negativo per i tradire in opzioni, è stato indicato come estremamente rilevante nel crollo palesatosi nella sessione di venerdì 26 novembre 2021).
Cosa accadrà ora? Dipende da come Omicron si ripercuoterà sulla domanda di petrolio. Goldman Sachs parla di un danno di 4 milioni di barili alla domanda del primo trimestre 2022: non siamo ai livelli del primo lockdown, ma si tratta comunque di un volume in grado di creare scompiglio nei mercati.
"Questa è un'enorme reazione eccessiva in termini di mercato - spiega Amrita Sen, analista presso Energy Aspects - quello è il prezzo del petrolio previsto nei peggiori scenari presi in considerazione”.
Fonte Bloomberg