Nella sessione di ieri i prezzi del petrolio sono stati nuovamente attinti da una tornata di vendite, ed il WTI (piazza di New York) termina gli scambi rimanendo di poco al di sopra dei 37 dollari per barile (37,03 nel momento in cui queste righe sono scritte) dopo un inatteso aumento delle scorte di greggio americane ed a seguito di una domanda di benzina che rimane vacillante.
Il report settimanale della Energy Information Administration ha evidenziato il primo aumento del prodotto stoccato da metà luglio, con i barili immagazzinati a Cushing (Oklahoma) che salgono ai livelli più alti da maggio in corrispondenza di un aumento della produzione locale.
Il calo delle scorte di benzina e distillati si è rivelato una sorta di faro nella notte, ma i segali di un recupero particolarmente lento da parte dell’economia globale pesano sulle quotazioni del barile.
“L’aumento delle scorte USA è un chiaro segnale che ci mostra come l’aumento della domanda non avrà le caratteristiche che gli investitori si attendevano in prima battuta - spiega Tariq Zahir, Tyche Capital Advisors - semplicemente, la domanda sta tornando, ma non con la velocità attesa”.

L’inizio del mese di settembre non è stato per nulla favorevole ai prezzi del greggio USA, con il WTI che ha lasciato sul parterre circa il 13% dalla fine di agosto a causa di una richiesta di benzina in stallo anche a fronte della driving season, un periodo in cui la richiesta schizza alle stelle.
A livello globale, anche le prospettive per il consumo di greggio sembrano cupe, con S&P Global Platts che prevede che la domanda di petrolio diminuirà di oltre 8 milioni di barili al giorno quest'anno ed è improbabile che torni ai livelli del 2019 prima del 2022.
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