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Petrolio: aumenta la produzione occidentale. Grazie alla OPEC!



La Redazione Articolo pubblicato il 23/02/2024 10:00:00
Tra il 2020 ed il 2030 i consumatori asiatici, in particolare Cina ed India, sono ritenuti come quelli soggetti a maggior rischio derivanti da cali produttivi in Medio oriente ed emisfero occidentale e si faranno carico degli stessi problemi che hanno dovuto affrontare, tra 1945 ed il 2010, i politici della regione euro - atlantica.

 

Nel corso dell’ultimo decennio i produttori di petrolio occidentali hanno beneficiato interamente dell’aumento del consumo globale di greggio, una vera e propria inversione di rotta rispetto al passato, quando tale situazione si verificava nell’emisfero orientale; con la crescita dei consumi sempre più focalizzata sull’emisfero orientale, il flusso predominante da est a ovest del petrolio e dei prodotti raffinati attraverso gli oceani è stato invertito, trasformando il quadro della sicurezza energetica.

La produzione dell’emisfero occidentale è salita a 31,6 milioni di barili al giorno (34% del totale mondiale) nel 2022 da 23,0 milioni di barili al giorno (27%) nel 2012 (fonte Energy Institute) e la maggior produzione dell’emisfero occidentale (+8,7 milioni di barili giornalieri) ha soddisfatto l’intera crescita dei consumi globali (+8,6 milioni di barili al giorno) nel decennio dal 2012 al 2022; la quota dell’emisfero occidentale aumenterà ulteriormente nel 2023/24 grazie ai tagli alla produzione da parte dell’Arabia Saudita e dei suoi più stretti alleati in Medio Oriente.

La produzione nell’emisfero è aumentata nonostante il crollo della produzione in Venezuela a causa di sanzioni, corruzione, cattiva gestione e mancanza di investimenti; tra il 2012 e il 2022, gli incrementi degli Stati Uniti (+8,9 milioni di barili al giorno), del Canada (+1,8 milioni di barili al giorno) e del Brasile (+1,0 milioni di barili al giorno) hanno più che compensato la perdita del Venezuela (-2,0 milioni di barili al giorno) e, inoltre, a partire dal 2020, la Guyana è emersa anche come un nuovo importante produttore, con una produzione che salirà a oltre 0,5 milioni di barili al giorno entro la fine del 2023, stimolando ulteriormente la crescita produttiva dell’emisfero occidentale.

Il Venezuela è stato uno dei sei membri fondatori della OPEC, nel 1960, ma il ruolo di Caracas è diventato sempre più marginale a partire dagli anni ’90, poiché la sua produzione si è ridotta ed è diventata imprevedibile, tanto che, dal 2019, il Paese non è nemmeno soggetto al sistema di assegnazioni o quote di produzione.

L’OPEC è diventata sempre più dominata dall’Arabia Saudita e da altri produttori raggruppati attorno al Golfo Persico, con il gruppo OPEC+ che coinvolge principalmente produttori ex sovietici guidati dalla Russia.  OPEC ed OPEC+ sono essenzialmente gruppi di produttori dell’emisfero orientale (circa il 50% della produzione di petrolio), ma hanno scarso peso nell’emisfero occidentale.

Ai produttori statunitensi è vietato coordinarsi formalmente con l’OPEC dalle leggi antitrust, mentre le loro controparti nel resto dell’emisfero occidentale hanno mostrato poco interesse per tale coordinamento e, in questo contesto, la OPEC ha favorito la rivoluzione shale statunitense tramite la politica produttiva implementata, ovvero la limitazione del petrolio a basso costo al fine di mantenere i prezzi del barile a livelli sostenuti.

L’imprenditorialità che ha guidato la rivoluzione dello shale è stata locale, negli USA, ma il vero impulso è venuto dagli alti prezzi del petrolio, e l’OPEC ha salvato il settore da un tracollo finanziario nel 2016/17 e di nuovo nel 2020/21; la politica dell’OPEC ha inoltre alimentato la crescita della produzione a costi più elevati dalle sabbie bituminose del Canada, dai giacimenti offshore in acque ultra profonde del Brasile e, più recentemente, dalla Guyana.

Dagli anni ’70, le proiezioni petrolifere a lungo termine hanno mostrato che una percentuale crescente di produzione proviene da riserve ampie e a basso costo concentrate in Medio Oriente, tuttavia, limitando volontariamente la loro produzione alla ricerca di prezzi più alti, i produttori del Medio Oriente hanno smentito tali proiezioni.  Tra gli anni ’70 e ’90, i principali beneficiari sono stati i produttori a costi più elevati del Mare del Nord, dell’Alaska, della Cina e dell’ex Unione Sovietica, mentre, dagli anni 2000 e soprattutto dal 2010, i principali beneficiari sono stati i produttori di tutto l’emisfero occidentale.

 

Sicurezza Energetica

I produttori dell’emisfero occidentale rappresentano ora più di un terzo della produzione globale, rispetto a meno di un quarto nel 2008; attualmente, la quota di produzione dell’emisfero occidentale è al livello più alto dal 1972, prima del primo shock petrolifero del 1973/74, ed è ancora in aumento.  

La produzione dell’emisfero occidentale è cresciuta molto più rapidamente del consumo, il che ha dapprima ridotto il fabbisogno di importazioni dall’emisfero orientale, per poi determinare un surplus crescente disponibile per l’esportazione e, di conseguenza, l’aumento del traffico di navi cisterna dal Medio Oriente attraverso il Mediterraneo e l’Atlantico verso l’Europa occidentale e il Nord America è diminuito e ha iniziato a invertirsi.

In un mercato globale come quello attuale, la perdita di produzione, ovunque essa si verifichi, rappresenta una minaccia per i produttori di tutto il mondo e si presenta sotto forma di prezzi elevata, se non di carenza di fornitura, ma una maggiore diversificazione geografica della produzione e una maggiore quota proveniente dalle Americhe hanno ridotto i rischi derivanti da guerre ed eventuali rischi politici.

Negli anni ‘50 e ‘60i rischi maggiori si avvertirono in Europa occidentale e in Giappone, data la loro intensa dipendenza dalle importazioni dal Medio Oriente ed a partire dagli anni ’70 e ’80, questi rischi furono sempre più condivisi dagli Stati Uniti, poiché la produzione locale diminuì e il paese diventò un importatore netto, ma la rivoluzione shale e l’aumento della produzione in altri paesi dell’emisfero occidentale hanno sostanzialmente ridotto questi rischi anche se non li hanno eliminati del tutto.

Tra il 2020 ed il 2030 i consumatori asiatici, in particolare Cina ed India, sono ritenuti come quelli soggetti a maggior rischio derivanti da cali produttivi in Medio oriente ed emisfero occidentale e si faranno carico degli stessi problemi che hanno dovuto affrontare, tra 1945 ed il 2010, i politici della regione euro - atlantica.

 

Fonte Reuters

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