La OPEC+ sta pompando greggio al di sotto del target previsto: tale carenza ammonta a 3,58 milioni di barili giornalieri (circa il 3,5% della richiesta globale), un elemento che sottolinea la presenza di un’offerta di oro nero estremamente ridotta in un contesto che vede i timori per una possibile recessione trascinare a ribasso le quotazioni del barile.
I dati diffusi dalla OPEC+ mostrano che il deficit relativo al mese di agosto è superiore al volume pompato dal terzo produttore della coalizione - gli Emirati Arabi Uniti - e si propone in crescita del 24% rispetto al mese di luglio, quando il gruppo di produttori mancava il target per 2,89 milioni di barili giornalieri.
I prezzi del petrolio, nella sessione di ieri, sono saliti ad oltre 93 dollari per barile, in parte grazie alle news relative alla situazione dell’OPEC+ in termini di produzione, ma si presentano pronti per il quarto calo mensile consecutivo in vista di un ormai certo aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, un intervento che potrebbe frenare la crescita gravando così sulla richiesta di oro nero; al termine della sessione di ieri il prezzo del Brent si attestava a 90,8 dollari per barile, in calo di oltre l’1%.

Ad impedire ai produttori OPEC+ di raggiungere i target previsti sono stati essenzialmente due fattori, ovvero la carenza ormai cronica di investimenti nel settore petrolifero da parte di alcuni paesi (Nigeria ed Angola in primis) e l’impatto delle canzoni occidentali sulla produzione della Russia, anch’essa facente parte della coalizione.
Nel mese di agosto la produzione di petrolio della Nigeria è scesa al di sotto del milione di barili giornalieri, con la nazione che deve far fronte a continui sabotaggi degli oleodotti a scopo di furto e ad anni di investimenti ridotti.
I vertici della controllata statale saudita Aramco hanno affermato che il continuo sottoinvestimento negli idrocarburi in un momento in cui le alternative ai combustibili fossili non erano ancora prontamente disponibili era la causa principale del problema. L'Arabia Saudita detiene, insieme agli Emirati Arabi Uniti, l'unica capacità inutilizzata significativa al mondo, una produzione che potrebbe essere messa in linea con breve preavviso a fronte di eventuali interruzioni dell’output, ma alcuni analisti affermano che tale capacità verrà dirottata sul mercato solamente in caso di emergenza estrema.
Fonte Reuters