Il previsto - e temuto - aumento della produzione di petrolio della Russia che si sarebbe dovuto palesare nel mese di febbraio sino ad ora non si è per nulla concretizzato con, al contrario, alcuni giacimenti che si sono visti costretti a frenare i flussi a causa del clima eccezionalmente freddo.
La Russia, membro OPEC+, ha prodotto una media di 1,38 milioni di tonnellate di greggio e condensato nei primi 15 giorni di febbraio, stando alle dichiarazioni di due fonti in loco, ovvero circa 10,1 milioni di barili giornalieri, un volume inferiore di 44000 barili giornalieri rispetto al mese di gennaio.
Russia e Kazakistan sono gli unici membri OPEC+ a cui è stato concesso un aumento della produzione (65000 barili giornalieri), mentre gli altri produttori manterranno la produzione stabile, eccezion fatta per l’Arabia Saudita, che ha implementato un taglio aggiuntivo unilaterale di 1 milione di barili giornalieri.

Se la produzione russa di condensato nelle prime settimane di febbraio fosse in linea con i livelli di gennaio, la produzione giornaliera di petrolio sarebbe di circa 9,17 milioni di barili, circa 8.000 barili al giorno inferiore alla quota assegnata a Mosca.
Se i dati saranno confermati, ci troveremmo di fronte alla prima volta in cui la Russia fornirà una produzione di petrolio inferiore al tetto massimo consentito dagli accordi (dal mese di maggio 2020 la conformità della Russia agli accordi è pari al 95%).
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