Nel corso della sessione di ieri i prezzi dell’oro sono scesi, per la prima volta in due mesi, al di sotto del livello chiave di 2000 dollari per oncia, in quanto i dati sull’inflazione USA, più forte di quanto previsto, lasciano intendere che un taglio dei tassi da parte della Fed potrebbe non essere così vicino come il mercato si attende ormai da tempo.
Nel dettaglio, il prezzo dell’oro spot ha ceduto l’1,3% toccando quota 1993,29 dollari per oncia, mentre i futures USA hanno terminato le contrattazioni a quota 2007,2 dollari per oncia anch’essi in calo di circa l’1,3% e questo dopo che i dati in arrivo a mercato hanno mostrato che i prezzi al consumo negli Stati Uniti sono aumentati più del previsto a gennaio a causa dell’aumento dei costi di alloggio e assistenza sanitaria.
![](../public/fototesto/638434647901729151_GC1!_2024-02-13_23-30-30.png)
“Non era il report che il mercato voleva vedere - spiega Tai Wong, un analista indipendente specializzato in metalli con sede a New York - le colombe della Fed stanno cercando rifugio oggi poiché un'inflazione sorprendentemente ostinata ha ridotto per il momento le possibilità di un taglio dei tassi di maggio sotto il 50%”.
In seguito ai dati sull’inflazione, il dollaro è balzato dello 0,7% al massimo di tre mesi rispetto alle altre principali valute ed in aumento si è presentato anche il rendimento dei Treasury a 10 anni.
Gli investitori si concentreranno ora sui dati sulle vendite al dettaglio di giovedì e sui numeri dell’indice dei prezzi alla produzione (PPI) di venerdì. Questa settimana il mercato ascolterà anche i commenti di una serie di funzionari della Fed.
Diversi funzionari della Fed statunitense, tra cui il presidente Jerome Powell, hanno dichiarato la scorsa settimana di voler vedere maggiori prove che l’inflazione continuerà a diminuire prima di tagliare i tassi.
Fonte Reuters