La Russia ha proposto di limitare le esportazioni di cereali nell’ultima parte della stagione al fine di salvaguardare le scorte alimentari, ma il provvedimento potrebbe coprire un periodo più breve del previsto.
Il piano del ministero dell'Agricoltura di limitare le vendite a 15 milioni di tonnellate da metà febbraio a giugno è in linea con le aspettative del settore e non dovrebbe intaccare il potenziale della Russia di rifornire il mercato globale, ha affermato il sindacato degli esportatori di grano della nazione, con la Russia che ha recentemente ribadito di essere intenzionata a portare avanti i piani per fissare una quota a sei mesi a partire da gennaio.
Il mercato ha assorbito la notizia abbastanza agevolmente, ma quanto sta accadendo evidenzia sempre più come i governi si stiano preparando ad affrontare eventuali carenze di offerta imputabili al protrarsi della pandemia di coronavirus; la Russia ha limitato le vendite all’estero per tre mesi, ad inizio 2020, dopo il crollo della divisa locale in un contesto che ha visto il mondo intero mettere a segno una corsa agli approvvigionamenti nelle prime fasi della pandemia.
Da allora Mosca ha messo a magazzino il secondo maggior raccolto nazionale di frumento mentre il contesto economico ha innalzai prezzi in loco ai massimi storici danneggiando mulini ed allevatori.

La Russia vende frumento a più di 100 nazioni, anche se le sue spedizioni in genere rallentano nella parte finale della stagione. La proposta di 15 milioni di tonnellate per le esportazioni di grano si confronta con un limite di 7 milioni di tonnellate che è stato messo in atto tra aprile e giugno di quest'anno.
"È una cifra assolutamente normale - spiega Eduard Zernin, leader dell'Unione russa degli esportatori di cereali - i nostri membri non vedono i problemi.”
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