Nel corso del 2019 l’Arabia Saudita ha sempre tollerato i produttori che non hanno rispettato gli accordi di Vienna e, come noto, ha ridotto la produzione più del necessario proprio al fine di compensare la carenza di conformità degli altri appartenenti al gruppo OPEC+, ma ora il Regno non intende più portare avanti questo modus operandi: questo è quanto dichiara il ministro dell’energia saudita, il principe Abdulaziz bin Salman, in vista del meeting di Vienna che si terrà nelle giornate del 5 e 6 dicembre.
La volontà di tollerare la carenza di conformità di alcuni produttori è una strategia implementata dall’ex ministro dell’energia Khalid al Falih, una strategia che imponeva di “fare tutto il necessario” al fine di sostenere l’equilibrio del mercato.
In numerose occasioni l’ex ministro al Falih ha richiesto una maggior conformità agli altri produttori, ma, quando questo non si è verificato, non ha esitato ad accollarsi il peso di ulteriori tagli alla produzione nazionale atti, come abbiamo visto in precedenza, a compensare le carenze altrui in termini di tagli alla produzione di petrolio.

Allo stato attuale non è chiaro se le parole del principe Abdulaziz bin Salman siano un semplice monito o rappresentino una vera inversione di rotta, anche se alcune fonti vicine agli ambienti reali affermano che si tratta semplicemente di una sorta di mantra che il ministro dell’energia saudita va ripetendo al fine di rendere maggiormente efficaci i tagli alla produzione stimolando la conformità dei membri OPEC+ che presentano carenze in questo senso.
La carenza di conformità agli accordi sui tagli alla produzione è un fenomeno diffuso tra i membri della OPEC+: l’Iraq, ad esempio, dovrebbe pompare non oltre i 4,51 milioni di barili giornalieri di petrolio, ma l’output attuale ammonta a 4,8 milioni di barili, e lo stesso vale per il Kazakhstan (1,95 milioni di barili giornalieri prodotti contro un massimo consentito di 1,86 milioni) e per la Nigeria (1,8 milioni di barili giornalieri prodotti contro un massimo consentito di 1,68 milioni); anche la Russia, teoricamente una stretta collaboratrice del Regno, non ha rispettato gli accordi, e solo in tre mesi del 2019 (maggio, giugno e luglio) si è mostrata conforme agli accordi, ma non per volontà propria, in quanto la contrazione produttiva in oggetto è imputabile agli eventi che hanno interessato una ingente partita di petrolio contaminato che ha interrotto i flussi verso l’Europa.
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